Il trattamento di fine mandato rappresenta un compenso, generalmente ulteriore rispetto quelli ordinari, che viene erogato all’amministratore di società solo al termine del mandato.
Il TFM si è molto diffuso nella pratica, quale strumento di pianificazione fiscale, perché consente alla società di dedurre, per competenza, l’importo stanziato annualmente, mentre la tassazione in capo all’amministratore, quale reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, è “differita” al momento in cui l’indennità verrà materialmente corrisposta, alla conclusione del mandato, trattandosi di reddito tassato per “cassa”.
Il TFM è tassato in capo all’amministratore che lo percepisce a tassazione separata (fino all’importo di 1 milione di euro purché il diritto all’indennità derivi da atto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto, altrimenti è tassato in via ordinaria, ovvero concorrendo a formare la base imponibile Irpef del percipiente.
L’amministratore non dovrebbe accettare la nomina già nel corso dell’assemblea in quanto prima che sia conclusa l’adunanza non potrebbe essere conferita alla stessa data certa, ma il rapporto sarebbe già iniziato, proprio in conseguenza dell’accettazione della carica, mentre l’articolo 17, comma 1, lettera c) del Tuir richiede che il diritto all’indennità derivi da atto avente data certa “anteriore all’inizio del rapporto”.
Alla luce di queste posizioni, per evitare qualsiasi rischio di contenzioso, è dunque opportuno che, se non interviene per atto notarile, la delibera che nomina l’amministratore e gli conferisce il diritto al TFM sia inviata a mezzo pec, per attribuirgli data certa, subito dopo che si è chiusa l’adunanza, ma prima che il soggetto designato accetti la carica, circostanza che determina “l’inizio del rapporto”.
La procedura da suggerire nella pratica è dunque quella di inviare via pec all’amministratore il verbale di nomina e di attribuzione del TFM e sempre via pec ricevere l’accettazione della carica da parte dell’amministratore stesso.
La delibera assembleare (avente data certa) dovrebbe indicare, ai fini della deducibilità per competenza in capo alla società, anche l’importo dell’indennità che viene attribuita all’amministratore
Ma l’altro profilo di rischio fiscale attiene proprio alla giusta “quantificazione” del TFM deducibile dal reddito di impresa.
La questione nasce dal fatto che non esiste una norma civilistica che preveda l’obbligatorietà del TFM (come invece avviene per il TFR ai sensi dell’articolo 2120 cod. civ.), per cui la determinazione dell’indennità è rimessa alle parti, che tuttavia sono generalmente “correlate”, perché gli amministratori sono anche soci, per cui l’operazione non avviene in regime di “libera concorrenza”.
Da qui la possibilità dell’Amministrazione finanziaria di “sindacare” l’entità TFM determinato dall’assemblea dei soci, alla luce dei generali canoni di inerenza, congruità e ragionevolezza che, come confermato dalla giurisprudenza della Cassazione, caratterizzano la deducibilità dei costi nell’ambito del reddito di impresa.
Sebbene la gran parte della giurisprudenza abbia osservato che non esiste alcuna norma che limiti l’entità del TFM deducibile in capo alla società, una parte minoritaria ha sostenuto che si applichi al TFM il medesimo criterio di calcolo del TFR previsto dall’articolo 2120 cod. civ., il quale, come è noto, prevede che “tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5”.